Ho avuto recentemente modo di approfondire le analisi di Seth Godin, il leggendario autore della mucca viola (“se tra 100 mucche nere, ce ne fosse una viola, quale notereste?”) in relazione alla miopia strategica. Imprenditore, autore di best-seller e speaker, Seth Godin è una delle figure più autorevoli del marketing. Il suo blog è tra i più letti e i suoi bestseller hanno diffuso concetti innovativi su business e leadership. Secondo Seth Godin, le aziende hanno oggi una priorità: evitare la cosiddetta miopia strategica.

Cos’è la miopia strategica? Se guardiamo indietro, abbiamo trascorso un secolo a creare organizzazioni efficienti e aziende di grande impatto che hanno trasformato l’economia e generato ricchezza. Se pensiamo a Google, Amazon, Ford, HP e così via, queste hanno un fatturato maggiore dell’economia di intere nazioni e hanno trasformato prodotti e servizi che inizialmente erano novità (automobile, telefono, e-commerce, internet, personal computer …) in grandi imprese capaci di produrre convenienza, efficienza, stabilità e redditività.

Rendere più efficiente quanto fatto fino a ieri non è però utile se il mondo è in continuo movimento. Quando ci concentriamo sul miglioramento dei piani attuali, perdiamo inevitabilmente l’opportunità di sviluppare nuove strategie in risposta a mutate condizioni. Facciamo due esempi:

  • Al suo apice, Yahoo avrebbe potuto acquisire Google, e invece ha deciso di usare quelle risorse per sviluppare Yahoo Kids
  • Molto tempo prima, Western Union poteva acquistare il sistema telefonico Bell, ma ha preferito rendere i telegrammi più facili da usare ed economici da creare

Questi sono solo due situazioni che potremmo classificare come miopia strategica, un fenomeno che ci porta a dare priorità all’urgente, al comprovato e al misurabile. Che ci spinge a eseguire piani affidabili invece di abbracciare nuove possibilità.

Il problema è che strategia e piano non coincidono:

  • Un piano ben congegnato dovrebbe essere accompagnato da una sorta di garanzia: se faremo tutto questo e lo faremo bene e tempestivamente, avremo successo!
  • Una strategia, invece, è sempre accompagnata da un frase ben più pericolosa: questa è una novità che potrebbe non funzionare o non avere successoì

La strategia è una specie di filosofia del divenire e di capacità di creare condizioni per favorire il cambiamento che vogliamo apportare. Quando il management chiede strategie accompagnate da certezze, prove o riscontri, è probabile che pensi piuttosto a piani, compiti e tattiche. Per fare strategia, dobbiamo sporgerci fuori dalla comfort zone, affacciarci sull’orlo del dirupo, contemplare possibilità e rischi.

È quindi facile rimanere bloccati nella miopia strategica, soprattutto in un momento di incertezza e di cambiamento tecnologico. Per evitarlo, ecco alcuni spunti.

  1. Rifiutare lo status quo

Cosa trasforma un progetto o un mercato in un’industria? Una combinazione di convenienza ed efficienza. La convenienza ci aiuta a soddisfare le esigenze dei clienti e mette la cosa giusta al posto giusto. L’efficienza riduce i costi, abbraccia l’automazione e fa aumentare i profitti. Tuttavia, i progetti che risolvono problemi futuri sono sempre meno efficienti dello status quo. Consideriamo Amazon: durante i suoi primi anni di vita, l’azienda perdeva denaro per ogni libro che spediva, ma ciò le ha permesso di piantare i semi per l’industria che sarebbe poi seguita.

I leader spesso preferiscono metriche concrete, misurabili e confrontabili, ma una strategia innovativa inizia quasi sempre in modo scomodo e inefficiente. La strategia si basa sulla consapevolezza che ciò che è complicato ora diventerà facile nel tempo. Ad esempio, la produzione di automobili era un investimento rischioso quando non c’erano strade asfaltate e stazioni di servizio. Ma i pionieri di quell’industria scommisero che le infrastrutture sarebbero arrivate, in quanto vedevano la necessità di mezzi di trasporto migliori della carrozza a cavalli.

  1. Scegliendo i clienti, si sceglie il futuro

La miopia strategica ci porta a non pensare a chi potremmo servire e a concentrarsi piuttosto su ciò che vogliamo produrre. L’attenzione alla tattica a breve termine ci porta a ottimizzare il passato. Possiamo quindi migliorare macchine strumenti e processi, massimizzando il rendimento delle risorse a disposizione. Oppure possiamo guardare al cliente e soddisfare le sue esigenze mentre il mondo cambia.

Google è stato uno dei pionieri tecnologici dell’intelligenza artificiale generativa (basata su LLM, Large Language Model), ma l’azienda ha scelto di far evolvere l’ottimo motore di ricerca esistente. I suoi concorrenti (ad esempio OpenAI) si chiedevano invece cosa le persone avrebbero voluto fare di diverso, mentre Google ha insistito affinché le persone continuassero a fare ciò che Google stessa indicava. Salvo poi uscire con proprie soluzioni quando però il mercato già considerava ChatGPT come il riferimento.

Anticipare le richieste dei clienti è una chiave contro la miopia strategica.

  1. Scegliete il team

Quando, quasi 20 anni fa, Netflix ha spostato il suo focus dai DVD-by-mail allo streaming, il suo management ha lanciato la nuova strategia senza coinvolgere i responsabili della divisione DVD anche se questa rappresentava la totalità del business. I leader sapevano che i compromessi che questi manager avrebbero chiesto per proteggere il loro ambito avrebbero fatto fallire la nuova strategia.

Le strategie più efficaci nascono da piccoli team e leader perspicaci, non da comitati. Sebbene sia naturale invitare le persone al vertice a sedersi con noi mentre sviluppiamo una strategia, questa mossa probabilmente amplificherà la fase difensiva e non quella offensiva.

Quando sviluppiamo una strategia, meglio coinvolgere certe persone piuttosto che altre:

  • Persone empatiche, desiderose di identificare e amplificare i bisogni del pubblico che si cerca di servire. Non serve essere un bambino per progettare un giocattolo o un malato per fare ricerca medica. Ma è necessario impegnarsi a vedere con gli occhi degli altri
  • Persone che dimostrano capacità di dominio su ciò che può essere fatto, con particolare attenzione a coloro che realizzano cose che altri dicono impossibili
  • Persone appassionate di teorie, pianificazione e scenari
  • Manager di progetti di successo

Se la strategia è filosofia del divenire, cercate persone desiderose di costruire l’isola che non c’è (cit.).

  1. Grandi problemi richiedono piccole soluzioni

È difficile lanciare una novità che sia raffinata e affidabile come l’offerta esistente. Ogni industria di successo ha iniziato con una release 1.0 che funzionava così così e serviva pochi clienti. Il lavoro consiste nel creare le condizioni per il progresso, non nell’offrire subito la perfezione.

Ad esempio, vent’anni fa, i primi sostituti del latte non erano certo buoni come il latte fresco. Ma questo non era un grosso problema in quanto non erano proposti a chi cercava il gusto, bensì a chi necessitava di alternative. Però, nel corso del tempo, anche grazie a perfezionamenti di prodotto, le vendite del latte d’avena e di mandorla hanno continuato a crescere a due cifre e, se continua così, c’è chi dice che supereranno quelle del latte tradizionale entro un decennio.

È quindi importante trovare il più piccolo mercato sostenibile (“smallest viable market”) e non il più grande mercato possibile. Se riuscite a soddisfare un primo nucleo di persone tanto da spingerle a promuovere il vostro prodotto alle loro cerchie sociali, il sistema inizierà a cambiare.

Non dedichiamo troppo tempo a focus group e studi di fattibilità. Piuttosto cerchiamo di mettere soluzioni pratiche (anche se release 1.0) in mano alle persone. Ogni azienda che aspetta che una nuova categoria di prodotti abbia successo, nella sostanza, accettando di difendere lo status quo e mettere a rischio il futuro.

  1. Fatevi domande, contemplate l’impossibile

Per evitare la miopia strategica, occorre cercare i problemi. I problemi richiedono soluzioni, le soluzioni diventano progetti e, alla fine, i progetti diventano industrie.

Pensiamo ad esempio al padel. Perché va di moda? Perché, nel mondo, si gioca sempre meno a tennis (a parte il rilancio qui in Italia grazie a Jannik Sinner)? E perché lo squash è virtualmente scomparso? Il padel è diventato popolare per la sua semplicità: è facile per giocatori di tutte le abilità. Rispetto al tennis, non è così tecnicamente impegnativo, è veloce da imparare e i giocatori sono motivati ​​a praticarlo perché possono goderselo fin dall’inizio. Un altro motivo alla base della sua popolarità è il suo aspetto sociale. Poiché il campo da padel è più piccolo rispetto a quello da tennis, la distanza tra i giocatori è minore e ciò consente comunicazione costante. Inoltre, è fisicamente meno impegnativo. Sebbene offra un ottimo esercizio aerobico, non è così gravoso per le articolazioni, poiché non c’è così tanto movimento. Stesso discorso sul rischio di lesioni, tanto che spesso i giocatori di tennis più anziani passano al padel. Le domande più interessanti di solito nascono pensando al cambiamento. La domanda giusta non è quindi: come possiamo rendere più popolare il tennis? quanto piuttosto: cosa possiamo progettare di “meglio” (almeno per una certa audience) del tennis?

I sistemi che ci circondano sono spesso subdoli e invisibili, nascosti dietro stratificazioni culturali. Le convenzioni prosperano quando le persone necessitano di interoperabilità, opportunità, scambio, transazione o connessione. E così capita che, per convenzione, si guidi su un lato della strada piuttosto che sull’altro. I sistemi lottano per rimanere invariati, ma, a volte, arriva un agente di cambiamento (magari un elemento generazionale, un nuovo modo di comunicare, una scoperta medica o tecnologica) che sconvolge il sistema e crea nuovi problemi e opportunità.

Ad esempio, l’automobile ha trasformato i trasporti e ha portato a cambiamenti culturali, uno dei quali era la necessità per chi viaggiava fuori città di trovare un posto comodo per cenare o dormire durante il tragitto. La domanda giusta, ovvia solo a posteriori, era quindi: in che modo l’automobile cambierà il modo di mangiare (o pernottare)? Non solo di viaggiare, come appariva evidente a tutti.

In conclusione

Diversi studi hanno rilevato che i leader dedicano meno di un giorno al mese alla strategia. Il motivo è facile da identificare: è più facile concentrarsi su piani e prestazioni e la strategia sembra sempre un qualcosa di indefinito, un po’ fuffa, mentre, lì fuori, ci attende il duro lavoro operativo da fare subito.

Ma, come noto, se stiamo andando nella direzione sbagliata, non importa quanto velocemente corriamo. Lavoriamo sulla strategia oggi. Potremo sempre fare piani domani.

Ne vogliamo parlare?

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