Quando si parla di startup, l’immaginario ci porta alla Silicon Valley e a ragazzi pieni di entusiasmo con la voglia di cambiare il mondo a suon di App. Ma che cos’è una startup? È un’azienda innovativa? È un’azienda (qualsiasi) nei suoi primi anni di vita? È un gruppetto di nerd con velleità imprenditoriali?
In senso stretto, per startup innovativa s’intende un’azienda neonata che miri a sviluppare un business di tipo nuovo, quindi non ancora esistente, ma ripetibile e scalabile. Se invece diciamo solo startup (togliendo l’aggettivo innovativa), allora basta pensare a un’azienda qualsiasi che muove i primi passi. Non deve essere necessariamente innovativa. O, quanto meno, la sua quota di innovazione può essere anche modesta o nulla. Però, per fare la differenza, deve avere un qualche vantaggio. Ad esempio potrebbe essere l’unico gelataio del quartiere (vantaggio geografico) o la pizzeria più economica (vantaggio di prezzo) oppure avere prodotti basati su nuovi brevetti (vantaggio tecnologico) oppure ancora, poter beneficiare di un network di relazioni portato in dote dai fondatori (vantaggio commerciale).
Quante sono le startup innovative in Italia?
Secondo il più recente report trimestrale disponibile al momento in cui scriviamo, è record di startup innovative sul territorio italiano: sono 14.708, il numero più alto di sempre. Il report mostra anche un incremento del loro valore medio della produzione (fatturato), pari a circa 217mila euro ciascuna (+47mila euro rispetto al precedente trimestre). La produzione complessiva di queste aziende ammonta quindi a oltre 2 miliardi di euro (+700M rispetto al report precedente).
Aprire una startup è un’attività complicata
Creare una realtà che possa essere profittevole in tempi ragionevoli implica un intreccio di compiti: trovare fornitori e partner, rispondere ai clienti, gestire processi o tecnologia o contratti di affitto o dipendenti o iniziative di marketing o capitali o altro ancora.
Presi tra mille incombenze, per i fondatori è facile distrarsi. Il concentrarsi sulle parti fondamentali è però un modo utile per andare avanti. Ad esempio, si potrebbe lavorare sodo per migliorare il logo o per aumentare i fornitori a disposizione. Oppure spendere tempo con gli avvocati per rendere i termini di servizio più interessanti. Ci sono infiniti compiti da svolgere per lanciare una nuova impresa. Molti di questi sono però necessari ma non sufficienti. Non si può iniziare senza di loro, ma non fanno la differenza, non portano a un cambiamento tangibile. E ogni nuovo progetto deve creare cambiamento, altrimenti fallisce.
Spesso, invece, trascorriamo il nostro tempo concentrandoci sui compiti (task) perché questi sono noti e fattibili. È un po’ un modo di nascondersi. La parte difficile non è necessariamente quella che costa di più. Se un compito può essere esternalizzato a un esperto che lo svolga in modo efficace, allora non è difficile. È solo costoso. Alcuni esempi:
- Una start-up non deve installare un proprio server di posta elettronica: basta noleggiarne uno in cloud
- Se avete l’ambizione di diventare un editore, scoprirete che la stampa, la composizione, il copywriting e l’editing, la parte legale e tutto il resto non sono difficili. Ci sono persone capaci e desiderose di farlo per voi, pagando s’intende
La parte difficile riguarda invece il cliente
La domanda più difficile, quella davvero chiave è la seguente: saprete trovare abbastanza clienti che vi sceglieranno, pagheranno un prezzo equo e saranno disponibili a referenziarvi?
Solo se i clienti portano clienti e quei clienti aggiuntivi generano profitto, allora avete un progetto utile. Tutti i clienti vogliono qualcosa che li aiuti a raggiungere i loro obiettivi. È difficile dimostrare a un cliente (o potenziale tale) che si sbaglia. È difficile convincerli a volere qualcosa che non vogliono. L’opportunità sta invece nell’aiutarli a ottenere ciò che desiderano. Anche in modo innovativo. A volte è utile chiedere ai vostri clienti cosa vogliono, altre volte occorre scoprire i loro desideri e suggerire loro come potrebbero, tramite i vostri prodotti o servizi, ottenerli.
E poi, una volta che sono diventati clienti, dovrete fare in modo che lo raccontino al loro network. Non necessariamente a tutti. Basta che ne parlino alle persone che si fidano di loro, diventando vostri influencer. Perché dovrebbero farlo? Non lo faranno per voi. Non vi devono nulla. Lo faranno perché raccontare la storia che vi riguarda ne aumenta lo status nei confronti dei loro interlocutori, la connessione con il loro network oppure dà loro qualche altra forma di soddisfazione. E tutto questo a prescindere dalla vostra azienda. Voi dovete solo facilitare il fenomeno. Ad esempio, se avete una pizzeria e un cliente si trova bene, ci verrà con gli amici che, a loro volta, avranno modo di scoprirvi e, magari, in futuro di referenziarvi.
Ogni momento che i fondatori trascorrono senza lavorare sulla domanda chiave potrebbe essere allocato erroneamente. Ne vogliamo parlare?
[per leggere l’articolo sulla rivista clicca QUI]