Cosa dobbiamo capire prima di iniziare una nuova ‘impresa’. Tra lavoro svolto, risultati e unicità.
Però, quel giorno, presi dalla vostra scintilla imprenditoriale, avete pensato che valesse la pena di provarci. Magari avete pensato: “L’informatica è un mercato in crescita! Mi ci butto anch’io!”. D’altra parte, non tutti sono nati per cambiare il mondo. Non tutti sono proprio unici. Oppure lo sono solo in piccola parte. Per esempio l’unica edicola in Piazza Garibaldi ha la caratteristica di essere appunto la sola entità ad offrire proprio quel servizio, proprio in quel luogo, proprio oggi. Finché esisterà un business per le edicole, finché la gente passerà per Piazza Garibaldi, finché l’edicola sarà ben gestita, questa vivrà. Poi magari morirà oppure si trasformerà, magari vendendo libri, bamboline o altri gadget o diventando un Internet Cafè (come è proprio successo qui da me in Piazza Garibaldi).
Cosa chiedersi per iniziare
Supponiamo ora che un vostro amico condivida con voi una sua nuova idea imprenditoriale. Se siete imprenditori (o manager), vi verranno subito in mente parecchie domande sul suo modello di business e comincerete a discuterne con lui. In realtà molte domande sono le solite, sono ovvie e ricorrenti. Qualunque sia il tipo di business in questione, a me ne sorgono spontanee alcune. Proviamo a porle qui, magari un po’ retoricamente. Se volete far (o avete fatto) partire un vostro business e conoscete la risposta a tutte queste domande, e ognuna di queste vi appare soddisfacente, tutto il resto, accompagnata a una solida ‘execution’, diventa poi più facile:
- Come otterrete i vostri primi clienti? (si intende ‘clienti paganti’: molti all’inizio optano per un modello ‘free’ che poi diventa ‘free + premium = freemium’, il che va benone, basta che la stragrande maggioranza dei clienti non resti confinata nel ‘free’).
- Come otterrete nuovi clienti, con continuità?
- Perché i vostri clienti dovrebbero farvi pubblicità gratuita, parlando di voi ad amici e colleghi?
- Riuscirete a creare un vero ‘effetto rete’, trovando nuovi clienti tramite passaparola o pubblicità?
- Riuscirete a creare un vero ‘effetto rete’ vendendo più prodotti, tra loro diversi, agli stessi clienti (cross selling) oppure vendendo prodotti più costosi o evoluti a chi ha acquistato la versione base (up selling)?
- Questa vostra attività funzionerà su una scala che potrete raggiungere e poi conviverci?
- È facile far partire questo tipo di business? Se lo è, cosa impedirà ad altri di avviarlo e rubarvi i clienti?
- Come eviterete una corsa al ribasso in cui rimanere intrappolati nell’offrire un servizio a buon mercato in qualità di meri intermediari facilmente sostituibili?
- Questo lavoro, e il suo successo, diventerà più facile man mano che procedete? Perché? Come?
- Che incentivo avranno i vostri clienti a rimanere con voi invece di passare ad altri, magari più economici o convenienti? Avete forse qualcosa di ‘unico’? Avete un vostro ‘magnete’?
- Vendete un prodotto/servizio ‘fatto e finito’ (valorizzato a corpo) oppure vi fate pagare a ore lavorate, quindi, di fatto, vendete il vostro tempo?
State vendendo il vostro tempo?
L’ultima domanda ci porta a un tema cruciale: il tempo. Come sapete, non paghiamo i chirurghi a ore. E se la persona che abitualmente taglia l’erba del prato compera un tosaerba il doppio più veloce della volta precedente e finisce il lavoro nella metà del tempo, probabilmente non insisteremo per pagare di meno perché non ha dovuto lavorare così a lungo. Anzi, meglio che abbia fatto in fretta, liberando il prato alla svelta.
In genere, ciò che ci interessa è il lavoro svolto e il suo risultato, non quanto tempo ci è voluto per farlo. Eppure, alcuni lavori, dagli avvocati ai programmatori, vengono addebitati a ore. La verità è che, quando vendete il vostro tempo, state buttando via la vostra capacità di proporvi come professionisti in grado di progettare miglioramenti continuativi della produttività dell’intero sistema.
Non vendete tempo, vendete risultati.
Attività che non possono (strutturalmente) avere molto successo
La decima domanda vi invita a chiedervi se avete ‘qualcosa di unico’. Vi accorgerete che ci sono alcuni tipi di attività strutturalmente difficili da portare al successo. Eccone di seguito alcune.
- Quelle troppo semplici ed economiche da avviare
- Quelle che dipendono dalla capacità di fornire di un servizio utile ma a un margine basso
- Quelle poco visibili, di cui la gente non parla, che la gente dà per scontate: se non ci siete voi, ci sarà qualcun altro a fare quel lavoro.
Queste aziende sono difficili da trasformare in imprese fiorenti in quanto spesso non hanno…
- “Trazione” da parte del cliente
- Effetto rete
- Connessione emotiva con il cliente.
Per ogni azienda, riuscire a modificare questi 3 aspetti, soprattutto sin dall’inizio, può cambiarne il corso del business. Cercate quindi di rendervi indispensabili, di essere sulla bocca della gente, di non essere ‘generici’, di proporre qualcosa di distinto, se possibile di unico.
Essere unici o quanto meno ‘distinguibili’
Come ho già avuto modo di dire su queste colonne, l’alternativa a essere generici è essere ‘distinguibili’, cioè portare un proprio punto di vista, un contributo originale che valga la pena di cercare, capire, approfondire, ingaggiare, pagare. È la differenza tra la domanda base (“Dimmi cosa hai bisogno che faccia?”) e la proposta alternativa (“Ho capito la tua richiesta, però, se vuoi ascoltarmi, posso offrirti qualcosa di meglio”). È la differenza tra l’essere a portata di mano, facili da capire e da descrivere, e il cambiare le carte in tavola rendendosi indispensabili.
Molti di voi, amici del canale, si stanno, comprensibilmente, presentando come consulenti o rivenditori. Forse, invece, vi dovreste presentare come ‘vendor’, come ‘produttori’. Facciamo un esempio: se un cliente vuole comperare una certa auto, la può ottenere solo da quel produttore e dai suoi concessionari. Ma, se il cliente ha scelto proprio quell’auto, è quel produttore che fa il business, il concessionario è, parzialmente, un’invariante. Se un concessionario non ci soddisfa, acquisteremo la stessa auto, proprio quella che abbiamo scelto, da qualcun altro.
Analogamente, se vendete una nota stampante, anche altri vostri concorrenti potranno proporre la stessa stampante. E forse a un euro di meno. Perché invece non proporre un servizio gestito di stampa a cui darete un vostro nome? Se il cliente vorrà acquistare proprio quel servizio, dovrà venire da voi, non si scappa!
Potreste quindi iniziare a proporre servizi a marchio vostro e sviluppati da voi, che però siano veramente unici, ovvero abbiano un qualcosa di distintivo. Non basta prendere una stampante qualsiasi, darle un nome e dire che offrite un servizio differente. Dovete davvero saperla differenziare, magari vestendola di un software, un servizio, una caratteristica distintiva, oppure inserendola in una strategia IT globale (per esempio un approccio sulla cybersecurity che coinvolga anche le stampanti). E, se non siete capaci di differenziare una stampante, lasciate perdere le stampanti e differenziate qualcos’altro.
E non è tutto. Occorre che il vostro marketing spinga il vostro marchio. Tutti conoscono la stampante di quel noto produttore. Nessuno invece, almeno in prima battuta, saprà cosa c’è di unico nel vostro servizio di stampa gestita e dovrete quindi catturare l’attenzione del potenziale cliente e spiegarglielo. Con pazienza, con costanza, con coerenza.
Conclusione
Amici del canale, se volete far partire una nuova o aggiuntiva iniziativa imprenditoriale provate a porvi queste domande. Ve le siete poste? Le risposte sono soddisfacenti? Ne vogliamo parlare?
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