Amici del canale, non pensate anche voi che le fabbriche di automobili siano un qualcosa di miracoloso? Attraverso le più moderne tecnologie elettroniche e meccaniche, lo sforzo ben coordinato di persone e robot porta alla costruzione un dispositivo assai complesso (migliaia di pezzi) e costoso. Il tutto avviene perfettamente, in modo ripetitivo e predicibile, in una quantità che si definisce appunto “industriale”.
E il risultato di tutto ciò è che le persone amano (molti le “amano” veramente) le loro auto e ne acquistano regolarmente di nuove, talvolta anche prima che ne abbiano veramente bisogno, proprio per avere un’auto sempre moderna. Di questi tempi, va poi di moda affittare auto a lungo termine (chi scrive ha scelto questa opzione) in modo che, al termine del contratto, si passerà automaticamente ad un’auto nuova e più evoluta della precedente. Insomma la costruzione di automobili sempre più perfette è un problema di ingegneria che appare largamente risolto.
Diverso è il fronte commerciale. Probabilmente conoscete anche voi il detto “Comprereste un’auto usata da quest’uomo?”. Questo è uno slogan che divenne popolare negli Stati Uniti, durante la campagna elettorale per le elezioni presidenziali del 1960. In quell’anno si affrontarono, per la corsa alla Casa Bianca, il senatore democratico del Massachusetts John Fitzgerald Kennedy e il vicepresidente repubblicano uscente, il californiano Richard Nixon. James Reston, un giornalista del New York Times, scrisse in quel periodo di campagna elettorale che “la presa in giro più popolare è una di quelle immagini minacciose di Nixon con una scritta che dice: ‘Compreresti un’auto usata da quest’uomo?'”. Il riferimento alla figura del “venditore di auto usate” non era casuale, nell’immaginario collettivo questo tipo di personaggio era vissuto come una figura negativa, una persona senza scrupoli, che mentiva sul passato e sulle caratteristiche dell’auto che intendeva appiopparti a tutti i costi. Insomma, è opinione comune non tutti i venditori d‘auto siano affidabili. Si ha sempre paura che la fregatura sia dietro l’angolo. Se poi si entra da un concessionario, qualcuno cercherà di venderci qualcosa e ci farà pressione, a volte in modo stressante e imprevedibile.
Quindi amiamo le auto ma non chi ce le vende. La differenza è tra la fabbrica (il “vendor” del settore auto) e i concessionari (il “canale” del settore auto). Secondo molti questo è un problema di “management vs. leadership”. Le fabbriche di automobili sono misurate e gestite (“management”). Per un centinaio di anni, i cronometri e i fogli di calcolo hanno trasformato il processo di creazione di un’auto in un sistema prevedibile e migliorabile. La gestione è un atto di autorità e conformità e, nel contesto controllato di una fabbrica, funziona bene e in modo ripetitivo. I concessionari di automobili invece incontrano clienti sempre nuovi e hanno venditori tra loro diversi e che spesso cambiano. I concessionari possono misurare alcune banali metriche (quante auto sono state vendute, quante offerte sono state emesse …) ma hanno spesso fallito nel gestire e migliorare l’approccio dei loro funzionari commerciali e delle loro interazioni con la clientela. I pochi grandi concessionari di automobili sono grandi per le capacità di “leadership” del proprietario piuttosto che per la ripetitività della gestione.
La maggior parte di noi non lavora in una fabbrica, ma piuttosto in un ufficio. Molti di noi non stanno cercando di risolvere un problema di ingegneria. Siamo quindi dei leader o siamo guidati da altri leader. La leadership è un lavoro difficile, il più lontano possibile da un problema ingegneristico risolvibile. È più facile, però, avere successo se ci rendiamo conto di quello che stiamo facendo e ci diamo un metodo.
Ho usato l’analogia delle auto, ma sto in realtà pensando a voi, al canale IT. Forse non si può gestire un rivenditore IT come una fabbrica, però si può cercare di standardizzare e migliorare ogni giorno i processi e i comportamenti e soprattutto di rendere ripetibili le storie di successo. In concreto, ecco, secondo me, cosa si può fare:
- Assumete le persone “giuste”, non necessariamente le migliori. Quelle “giuste” sono quelle con le giuste competenze ma anche pronte a fare con voi una parte del loro viaggio e che condividono il vostro modo di operare e senso di urgenza
- Fate in modo che i vostri collaboratori si sentano veramente parte del team. Come rematori su una barca, tutti dovrebbero remare nella stessa direzione. L’unica cosa che deve servire è qualcuno che batta il tempo, ma loro devono sapere già cosa fare (il che porta quindi anche a considerazioni sulla formazione e sulla condivisione di metodi e obiettivi)
- Modellate i comportamenti. Ogni volta che c’è un problema, imparate dalla soluzione e rendetela ripetibile. Se c’è una cosa da fare, fatela. Se va fatta due volte, create una procedura o un processo. Se va fatta tre volte, scrivete un software (o, comunque, fatevi aiutare da un software: ad esempio un CRM non dimentica le interazioni con un cliente, anche se dovesse cambiare il venditore)
- Festeggiate i risultati positivi e i migliori contributi (non solo le vendite: spesso i lavori più oscuri sono quelli che possono fare la differenza). Così facendo mostrerete al vostro team cosa intendete per “contribuire al successo”
- Sviluppate una vostra cultura, un modo di parlare, un modo di compiere un percorso. E comunicatelo al vostro interno
- Impegnatevi e mostrate il vostro impegno in questo viaggio. Le persone del vostro ecosistema (collaboratori, fornitori, clienti) noteranno il vostro impegno
- Alzate gli standard. Aspettatevi di più (e più frequentemente) da voi stessi e dai vostri collaboratori. Gli standard elevati sono contagiosi. Portate una nuova persona in un team di alto livello e si adatterà rapidamente (o fallirà, ma allora il fallimento sarà visibile). È vero anche il contrario: se prevalgono standard scadenti, anche quelli si diffonderanno rapidamente
- Ripetete il processo. Ripartite dal punto 1 qui sopra e ripercorretelo tutto, giorno dopo giorno
Facciamo un esempio. Se andate dal cliente e fate una presentazione di una soluzione, la prima cosa da fare, appena usciti dalla riunione, è di annotare come si sarebbe potuto migliorare quella presentazione (sia nel materiale, sia nello speech). Il cliente ha fatto domande? La presentazione conteneva le risposte a queste domande? Se no, avrebbe potuto contenerle? La prossima volta le conterrà? Oppure è il prodotto/servizio che va modificato o migliorato o spiegato diversamente?
Insomma, pensate alla vostra azienda del canale IT come una fabbrica, anche se con un tocco di umanità. Come per una fabbrica, il prossimo modello di auto (leggi: la prossima offerta commerciale, la prossima presentazione a un cliente, la prossima installazione di un software) sarà migliore di quella precedente? Se la risposta è “non necessariamente”, forse avete un problema di metodo. Ne vogliamo parlare?
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