Amici del canale, non ditemi che non avete sentito parlare di “Digital Transformation”, un termine quasi sconosciuto fino a qualche anno fa e che ha toccato nel 2019 il suo picco di interesse (fonte: Google Trends – Termini di Ricerca).
Peraltro, se guardate il grafico di Google Trends, noterete appunto che l’attenzione sta leggermente diminuendo. Ciò vuol forse dire che la Digital Transformation non interessa più? Oppure che oramai questa è considerata un qualcosa di acquisito? La risposta sta forse a metà strada: in parte la Digital Transformation non è più una novità, una nuova moda (e quindi non si pensa di doversi ulteriormente informare al riguardo), in parte i progetti puntuali stanno effettivamente andando avanti e quindi essa diventa un qualcosa di acquisito, almeno nelle intenzioni.
Definiamo la “Digital Transformation”
La verità è che una vera trasformazione digitale è oggi una priorità assoluta per molte aziende, ma è anche un termine in sé un po’ abusato. Quindi, per fare chiarezza, vi propongo la definizione che Kaleido Insights ne dà e vi offro anche un relativo “quadro di maturità” a 5 fasi su questo fenomeno, cercando di capire in quale fase noi e i nostri clienti ci troviamo.
Definiamo la “trasformazione digitale” come “un cambiamento tecnologico, culturale e operativo in cui le organizzazioni sfruttano al meglio i dati per fornire nuovo valore ai clienti, innovare agilmente e sostenere con vitalità la crescita”. Alcune riflessioni:
- Si noterà che questa definizione pone un preciso accento sui “cambiamenti all’interno dell’organizzazione” a seguito dell’adozione dirompente di una cultura “data-rich” in azienda e nel suo ecosistema di partner. Per questo motivo, la mentalità dei dipendenti e il modo come queste persone modificheranno il loro modo di lavorare nel futuro sono aspetti chiave da far evolvere per raggiungere una vera e propria trasformazione digitale
- Il fatto che la definizione si focalizzi sui dati piuttosto che su altre tecnologie comunque importanti (web, social media, unified communications, cloud, data center, security, app, e-commerce, …) suggerisce che i dati possono rappresentare la forza trainante della trasformazione digitale di un’organizzazione
- Guardando a come le aziende cercano di guidare i propri mercati di riferimento, appare evidente che queste si devono sforzare di mantenere una vera e propria continua “vitalità”. Ciò suggerisce che un’organizzazione vincente deve essere progettata per diventare autonomamente proattiva e favorire la crescita di nuove positive attività di business, siano esse interne, sia esterne in relazione all’ecosistema di clienti, partner e altri operatori.
Le 5 fasi della maturità della trasformazione digitale
Se la definizione ci convince, dobbiamo allora capire in che fase della trasformazione ci troviamo, altrimenti rischiamo di non capire cosa fare in concreto e attraverso quali fasi passare. Ecco quindi qui una proposta a 5 fasi, sempre prendendo spunto dal lavoro di Kaleido (la “fase zero” è la totale ignoranza e disinteresse; Di questa fase non ci occupiamo perché, chi è qui non ha capito nulla del mercato in cui viviamo ed è quindi destinato a scomparire o, quanto meno, a diventare irrilevante):
- Consapevolezza: Avendo ascoltato le esigenze dei clienti, osservato la concorrenza e i trend di settore, l’azienda si rende conto della necessità “esistenziale” (“vivere o morire”, insomma) di una trasformazione digitale, ma non ha ancora intrapreso robuste e concrete azioni per avviare il processo di digitalizzazione. Le aziende che rimangono a lungo in questa fase rischiano quindi di perdere clienti a causa di (vecchi e nuovi) concorrenti in crescita esponenziale, anche a livello di “vitalità” e innovazione
- Sperimentazione: Consiste nella pianificazione di alcuni esperimenti digitali (meglio se distribuiti in più punti dell’organizzazione) per cercare di andare oltre gli statici confini (e abitudini) aziendali. Questi esperimenti sono spesso condotti in aree aziendali disomogenee e con obiettivi, risorse e visione ancora disconnessi. Il rischio di rimanere a lungo in questo stato è quello di ritrovarsi con un’organizzazione poco connessa e disomogenea sia internamente, sia verso il mercato
- Riallineamento strategico: In questa fase viene formalizzata una strategia di trasformazione digitale che guida la “customer esperience”, l’architettura dei dati, la struttura organizzativa e la cultura aziendale, cercando di far progredire l’organizzazione verso una nuova visione condivisa. Integrazione e investimenti rimangono spesso ancora limitati, con il rischio che, se l’azienda non riesce a finanziare significativamente (e poi a concretizzare con iniziative sia puntuali, sia globali) una visione condivisa, il “morale delle truppe” presto si degraderà e i migliori talenti aziendali sceglieranno altre strade
- Investimento adeguato, puntuale e rapido: Qui i leader aziendali supportano finalmente la trasformazione con una chiara “agenda digitale” e un’allocazione puntuale delle risorse, fosse questa anche solo la reazione alle mutate condizioni del mercato e alle nuove aspettative della clientela. L’organizzazione, a questo punto, compie grandi sforzi per allinearsi tra dipartimenti, spingendo a fondo per evolvere e rimanere aggiornata. Rimanere in questa fase è faticoso e può portare a problemi in relazione alla trasformazione dei sistemi aziendali. Qualcuno dei sistemi “legacy” non si rivelerà più adeguato, altri sistemi di nuova progettazione falliranno nel dare vero valore, altri risulteranno insufficienti e andranno ripensati e così via. Ciò comporterà tensioni interne e anche la necessità di sostituire alcune persone, mentre altre se ne andranno a seguito del fallimento o accantonamento dei loro progetti
- La Trasformazione acquisisce una propria autonoma vitalità: La cultura della “vitalità sostenuta” evolve e si modifica proattivamente (talvolta in modo “disruptive”), sia internamente, sia esternamente, producendo vero valore in tutto l’ecosistema. Internamente, dati condivisi permettono ai gruppi aziendali di collaborare, consentendo la nascita e l’evoluzione di un’organizzazione agile e costantemente innovativa. Esternamente, tutto ciò consente la crescita del business per i partner e, magari, la creazione di coalizioni capaci di accelerare l’innovazione di mercato. Il risultato è una crescita continua e scalabile, internamente e tramite un vero e proprio ecosistema esteso
In conclusione
Belle queste definizioni, ma, in concreto, cosa ce ne facciamo? La verità è che ogni azienda, piccola o grande che sia, deve intraprendere una continua trasformazione. Conoscete un business che, per quanto limitato, sia oggi lo stesso di 20-30 anni fa? Non direi. A titolo di esempio, basta vedere come stanno (faticosamente) cambiando (e spesso chiudendo) le edicole, visto che, in 25 anni si è passati da quasi 7 milioni di giornali cartacei venduti all’anno a poco più di un milione e mezzo.
E se voi non evolvete, si modificano comunque le abitudini e aspettative dei vostri clienti, quindi il trend è sempre irreversibile. E voi, avete capito cosa cambiare nel vostro approccio al business? Siete davvero “digitali”? Siete “vitali” (il che non vuol dire che siete molto impegnati o che lavorate tanto, quella è una cosa diversa …)? Ne vogliamo parlare?
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