Amici imprenditori e manager, oggi vorrei parlarvi della mia esperienza nel settore della distribuzione IT. Ho infatti lavorato per diversi anni presso importanti distributori (Anixter, Tech Data, Magirus che poi diventò Avnet e quindi Tech Data Advanced Solutions) e in affiancamento e in partnership a vendor e rivenditori e system integrator.
Non so se avete idea di come sia lavorare da un distributore IT. Forse a qualcuno potrà sembrare facile, ma non è così. Il distributore IT è una di quelle realtà che esistevano prima che nascesse la new economy e operavano da tempo secondo logiche manageriali e imprenditoriali consolidate che oggi sono invece viste come parte integrante dell‘era della Digital Transformation.
Devono quindi essere veloci, efficaci, smart (e oggi anche smart worker), orientate al cliente e così via. Il tutto ovviamente a margini decrescenti, il che impone una continua ottimizzazione dei costi, e senza il lusso di un bilancio in rosso, cosa che parecchie dotcom hanno potuto permettersi a lungo.
Come far quadrare il cerchio? Non è facile, né poco faticoso, ma si può. Ecco una ricetta. Ci si deve orientare verso un modello organizzativo diverso da quello di chi opera in mercati maturi. Serve essere veloci e dinamici, coerenti con la strategia di business, capaci di sostenere e favorire la rapidità delle decisioni e, al contempo, il raggiungimento degli obiettivi.
Il modello a cui penso è quello della “boundaryless company”: alta permeabilità di comunicazione interna (in orizzontale e in verticale), massima responsabilizzazione dei singoli, importanti e ben definiti livelli di delega e autonomia nell‘intera organizzazione, in particolare nei punti dove l‘attività impatta sul cliente.
Oggi si parla sempre più di “H2H” (Human to Human) come paradigma che affianca o rimpiazza i più noti B2B (Business to Business) e B2C (Business to Consumer). Di fatto, il cliente è, prima di tutto, una persona. Si tratta quindi di adottare un approccio che ponga la persona (intesa qui come cliente ma anche come collaboratore) al centro della preoccupazione organizzativa. L‘individuo dentro il gruppo di lavoro diventa perno centrale e il contributo all‘unisono dei talenti individuali consente di gestire le variabili interne ed esterne, fornire le competenze necessarie, ascoltare e prevenire i segnali deboli del mercato.
Entrando a far parte di un distributore IT (un‘azienda oggi spesso grande e consolidata, ma che deve saper operare con un‘agilità da start-up), le persone possono avere responsabilità ad ampio raggio e cercare di scoprire le proprie vocazioni individuali. L’ambiente di lavoro consente infatti, e in un certo senso forza, il singolo a ricercare un equilibrio fra responsabilità, iniziativa individuale e necessità d‘integrazione che, unite a un continuo apprendimento sul campo, consentono di esprimere e affinare le proprie competenze.
È una sorta di “stress test” e questa modalità di lavoro comporta anche un investimento personale. La pressione tesa all‘ottenimento del risultato rimane elevata, nonostante la presenza del gruppo consenta di alleggerire il carico di lavoro.
Parliamo poi di manager. Le migliori figure manageriali nella distribuzione IT sono concrete, sicure, duttili, operative, in grado di mantenere ritmi talvolta forzati, distinguono tra priorità e urgenza, si fanno carico di decisioni rapide. Punto non secondario, sanno legare la visione specifica del proprio business alle necessità globali dell‘azienda, cercando di comprenderne il funzionamento a 360 gradi.
Si assumono quindi il rischio ragionevole di sbagliare (“chi non fa non sbaglia”, cit.), possedendo ciò che possiamo definire “strabismo volontario”, ovvero la capacità di guardare con un occhio al presente e con l’altro al futuro e alle fasi successive dello sviluppo.
Amici, la distribuzione IT cerca “strabici volontari”. Ce ne sono tra voi? Me ne volete parlare? Scrivetemi pure!
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