Per le aziende che si tratti di clienti, colleghi, consumatori o cittadini, gestire una relazione è un asset fondamentale del business. Soddisfazione e fidelizzazione nascono da una buona comunicazione e dalla qualità dei servizi e delle informazioni. Dal neuromarketing al social marketing, quali sono le cornici digitali del nostro futuro
Il tema della digital transformation che analisti e consulenti inneggiano come punto di forza delle aziende parte dal comprendere che cosa significa fare innovazione: vale a dire usare meglio le tecnologie e le informazioni che si hanno a disposizione per intercettare comportamenti, pensieri, desideri e tendenze. Come? Usando le tecnologie digitali per attuare strategie di proximity marketing e di neuromarketing, social communication, Crm, business intelligence, analisi e big data management (e chi più ne ha più ne metta).
L’uomo di Vitruvio preconizzato da Leonardo, infatti, oggi è connesso, smartphone dotato, multitasking, multipiattaforma, social e sempre più spesso multilingua. Dove vive? Nelle smart city. Come si muove, a che cosa pensa, cosa gli piace, di che cosa ha bisogno, che cosa desidera (o potrebbe desiderare) il digital marketing cerca di scoprirlo, potenziando gli orizzonti di studio e di sperimentazione del Customer Experience Management.
Marketing sempre più specializzato (o forse solo digital marketing)
Nell’era della specializzazione ad oltranza, anche il marketing si ritrova a dover fare i conti con le mille derive di discipline e strategie complesse e sempre più sofisticate: dall’interaction design al visual content management, dall’affective computing alla biometria, dall’uso diversificato delle tecnologie di proximity (associate alla geolocalizzazione e al geofencing) alle modalità di ingaggio legate all’uso creativo di digital signage, qr code, tag RFID ed NFC, beacon, app, e-mail marketing &co. Costumer satisfaction e customer experience, infatti, sono due lati della stessa medaglia: quella di una buona relazione costruita su una buona gestione delle informazioni.
Il fatto è che clienti e consumatori ormai vivono una doppia vita on line e off line: pensare customer centrico significa sempre e comunque progettare un approccio bimodale, cioé ibrido, o meglio phygital. Al marketing l’ironia linguistica è sempre piaciuta perché giocare in modo nuovo con le parole aiuta a pensare meglio, a pensare molto, a pensare diverso (e questo favorisce l’innovazione). Dunque gli analisti indicano la strada e spiegano ai digital marketing i trend. Mixano psicologia ed estetica, filosofia e business. Il risultato? Si può parlare di tutto e fare di più.
Dal consumatore al consum-attore
Vent’anni fa si parlava di Enterprise 2.0 e si preconizzava l’Enterprise 3.0 associata a un Web semantico, ovvero più intelligente e capace di auto-apprendere. Oggi se ne parla ancora. Cosa è cambiato? L’evoluzione di Internet, degli algoritmi di analisi ma anche e soprattutto del consumatore ormai mobile (cioé smartphone/tablet dotato e anche un po’ social, cioé permanentemente connesso a qualcosa o qualcuno).
Il livello di informatizzazione delle relazioni e delle comunicazioni è diventato molto più elevato. Così il modello auspicato dagli analisti di un consumatore che da ruolo meramente passivo si elevava a prosumer, cioé produttore esso stesso di contenuti (on line), ha portato all’apoteosi del consum-attore. Regista di opinioni, commenti e trend, i clienti chattano, agiscono attraverso le community, i gruppi di acquisto e i comparatori di prezzo, si esprimono attraverso i nuovi strumenti del CRM e, quando raggiungono il successo, si trasformano in influencer o addirittura in testimonial dei canali digitali, come lo sono i giovani youtuber e l’universo mondo dei blogger.