Sempre di più si sente parlare di crisi dell’IT. Il che vuol dire crisi di lavoro, e di conseguenza di crisi di risorse impiegate nel settore. Altri invece dicono che la crisi non esiste o comunque non esiste in modo generalizzato: esistono mercati maturi o in contrazione e altri in esplosione. Sembrerebbe semplice quindi: basterebbe andarsi a cercare i mercati in esplosione e la crisi non esiste! Certamente questa è una considerazione vera (e io lo sto personalmente facendo con la mia nuova attività: https://www.primobonacina.com/), ma è anche vera la considerazione più globale che riguarda un intero comparto in crisi strutturale: se ci sono mercati in contrazione del 5% e altri in espansione del 100%, ma il +100% del mercato emergente è inferiore in dimensione assoluta al -5% del mercato in contrazione, allora il comparto nella sua totalità ha perso posti di lavoro. A me pare sia proprio così. E non solo vedo e contabilizzo una perdita netta di posti di lavoro, ma di questi tempi si assiste anche a un forte rimescolamento delle carte. In poche parole, siamo sicuramente in un momento di transizione e di turbolenza.
A parte “crisi”, qual è la parola che avete sentito più spesso nell’IT negli ultimi 12 mesi? La risposta è facile: “cloud”! In tutte le sue declinazioni: SaaS, IaaS, Paas, STaaS, … e in tutte le sue sottodeclinazioni: SaaS security, IaaS object storage, S3, Software Defined Data networking e Center …. A conferma di tutto ciò, ho avuto recentemente modo di visionare il rapporto “State of IT” (http://www.spiceworks.com/marketing/state-of-it/report/) di Spiceworks (http://www.spiceworks.com/) che mostra con chiarezza che le aziende sono oggi più interessate ad aggiungere cloud che ad aggiungere nuovo personale. Questo 2015 che viene potrebbe non essere ancora una volta un anno di grande spolvero per le risorse l’IT, e dobbiamo perciò (serenamente e proattivamente, se possibile) prendere atto che sempre più aziende concentrano le loro scarse risorse sulla “nuvola” (e quindi su infrastrutture ed applicazioni cloud) e sempre meno sulle persone IT, che sono viste come una commodity e un costo fisso da minimizzare ed esternalizzare (bene quindi per gli outsourcer, però!).
Insomma un quadro a tinte ancora abbastanza fosche, anche se, secondo questo nuovo rapporto, c’è anche una buona notizia, ovvero che il fatto che il settore IT stia mostrando segni di stabilità. I risultati dell’indagine di Spiceworks sono stati compilati a partire dalle risposte di 1.100 professionisti IT, tratte da questo sito di networking professionale che ha una base di circa 5 milioni di utenti, negli Stati Uniti e all’estero. Circa il 60% degli intervistati ha riferito che le loro aziende non prevedono di aggiungere ulteriore personale IT entro l’anno. Però solo il 4% di chi ha risposto sostiene che la propria azienda prevede di ridurre il personale IT. Ne consegue che la quasi totalità delle aziende intervistate pensa di rimanere agli stessi livelli o magari di aggiungere un po’ di risorse IT. Tutto questo farebbe però pensare ad un saldo netto positivo.
Siccome il database di Spiceworks è molto ampio e variegato e, per conseguenza, contiene anche una grande parte di piccole e medie aziende, è ragionevole ipotizzare che parecchie di queste non abbiamo in realtà ancora definito un budget per assumere nuovi dipendenti. Anche se queste imprese non stanno necessariamente espandendo i loro team, il report dice che il 42% di queste prevede di aumentare il budget IT, e che probabilmente molto di questo budget aggiuntivo andrà verso l’adozione continuativa e più decisa di servizi cloud. Che piaccia o meno, quando si acquista un servizio cloud, si sta di fatto effettuando un outsourcing ed una sostanziale esternalizzazione di alcune delle operazioni di manutenzione che il personale IT avrebbe in passato svolto internamente. Per una società piccola, questa decisione può essere legato sia allo scarso budget disponibile, sia anche e soprattutto alla difficoltà di reperire, giustificare e spesare a tempo pieno le giuste competenze. Quindi, come oramai viene dato per acquisito, i servizi cloud permettono di far evolvere l’IT di un business piccolo e in crescita, senza dover necessariamente ampliare la struttura.
Diversi intervistati hanno infatti confermato che il budget del prossimo anno andrà in buona parte (almeno per quanto riguarda le nuove iniziative) verso l’investimento sui servizi cloud e la virtualizzazione. Molte medie aziende stanno infatti virtualizzando solo in questo momento e contano di usare la virtualizzazione come un trampolino di lancio per il ripristino di emergenza in un secondo sito di failover spesso collocato presso un fornitore di servizi di gestione, ovvero in cloud.
Sempre per quanto riguarda gli investimenti in personale, diversi responsabili hanno anche sostenuto che avrebbero la necessità di aggiungere una persona di help-desk, ma questo lavoro non sarebbe comunque a tempo pieno. Spesso infatti si ha bisogno di un altro paio di mani per il supporto della rete, degli utenti e dei desktop, in modo che gli IT manager possano concentrarsi su progetti di livello superiore. Alla fine però non si ritiene di necessitare di una persona per 40 ore alla settimana, ne’ che la direzione possa approvare questo costo aggiuntivo. Per questo motivo, in parte gli IT manager si arrangiano come riescono, in parte cercano di fare outsourcing selettivo di alcuni progetti e in questo caso il cloud aiuta, anche inteso come progetti di virtual desktop.
Guardando in generale, la ricerca fa comunque percepire un qualche senso di ottimismo rispetto ai budget IT per il 2015. Molti però hanno citato, a supporto del loro cauto ottimismo, non tanto (o non solo) il proprio personale feeling quanto piuttosto alcune fonti esterne, quali ad esempio una proiezione di Gartner che sostiene che a livello mondiale la spesa IT sarebbe cresciuta, e dati del US Bureau of Labor Statistics che prevedono comunque (negli USA) una crescita del settore fino al 2020. Insomma, sembra essersi creata una qualche spirale positiva: si respira (almeno nei paesi in ripresa) un qualche sentore di ottimismo e quindi si guarda al futuro con un po’ più di fiducia, il che a sua volta genera per osmosi ottimismo nelle altre persone … con la speranza che sia tutto vero e che alla fine i conti tornino.