Amici del canale, chi ci segue da qualche tempo sa che stiamo cercando sempre di affrontare temi all’avanguardia, quali il cloud, il Data Center Zero e la “digital disruption”. Proprio questi trend, e in particolare la digital disruption, sembrano non avere fine e quelli che stiamo vivendo sono tempi davvero interessanti. Secondo molti osservatori, siamo, infatti, alla vigilia di una nuova Era Digitale, caratterizzata da un’immensa onda d’innovazione e discontinuità a seguito della quale il “business as usual” non sarà più una scelta percorribile per gran parte delle aziende in gran parte dei settori.
Per molti, l’IT è alla base delle trasformazioni e delle opportunità in atto, con alcuni tratti distintivi che è facile già adesso tracciare:
• Dispositivi mobili intelligenti – già entro il prossimo anno il numero di smartphone nel mondo supererà i 2 miliardi
• Telemetria pervasiva – in ogni prodotto e oggetto possibile vengono inseriti sensori, che secondo Gartner entro la fine di questo decennio saranno oltre 26 miliardi e genereranno un’immensa quantità di dati
• cloud computing – nuove e straordinarie capacità computazionali e di memorizzazione associate a un’inedita flessibilità e a costi molto accessibili
La trasformazione che aziende e interi settori di mercato stanno affrontando in questa situazione è altrettanto chiara. Per esempio, nell’industria automobilistica sta cambiando il modo in cui si sceglie e acquista un’automobile, l’esperienza che se ne ha guidandola e i servizi associati alla manutenzione. Oppure possiamo citare l’adozione di modelli omni channel nel Retail, e i nuovi modelli di supply chain nel settore manifatturiero. In definitiva, ogni business è destinato ad affrontare la trasformazione digitale e l’alternativa è una sola: diventare sempre meno rilevanti, perdere redditività o addirittura rischiare di estinguersi (c’è chi dice infatti che il 40% delle aziende Fortune 500 potrebbe non esistere più tra dieci anni …).
In questa nuova Era Digitale si stanno diffondendo nuove applicazioni, con caratteristiche molto diverse da quelle tradizionali, volte a interagire in tempo reale con le persone proprio nell’istante in cui compiono un’azione, al fine di orientarne l’esito. Queste nuove applicazioni hanno potenzialmente un numero di utenti migliaia di volte superiore a quelle tradizionali, e a ciascuno di quegli utenti è associata una quantità di dati migliaia di volte superiore. Si tratta cioè di un nuovo contesto applicativo che richiede un fattore di scala mai visto prima: milioni di applicazioni, miliardi di utenti, trilioni di oggetti interconnessi. Sul piano IT ciò naturalmente si accompagna all’affermarsi di una “nuova piattaforma” che unifica il mondo digitale e quello fisico, trasformando il modo in cui individui e organizzazioni si rapportano con la tecnologia. Si tratta della cosiddetta ‘3ª Piattaforma’, che secondo IDC si fonda su queste 4 componenti: i servizi cloud, la mobility, le tecnologie social e i big data.
Insieme a tutto ciò tuttavia devono convivere le applicazioni pre‑esistenti, altrettanto importanti perché su di esse si basa il funzionamento di molte aziende. La sfida è quindi riuscire a coniugare entrambe le esigenze, e il dilemma dei CIO oggi è proprio questo: i direttori generali e di Business Unit, e i responsabili del marketing spingono per sviluppare le agende digitali delle proprie aziende e innovare il modo in cui esse operano, mentre per i consigli di amministrazione è almeno altrettanto prioritario – come lo è sempre stato – gestire il rischio e ridurre i costi. Un mix di questi fattori (sviluppare l’agenda digitale, gestire i rischi e ridurre i costi) è dunque oggi più che mai la priorità delle aziende, il cui destino sarà dettato da quanto più o meno efficacemente i rispettivi CIO riusciranno a coniugarlo capitalizzando gli attributi delle tecnologie e delle soluzioni della ‘3ª Piattaforma’.
Investire per diventare digitali
Essenzialmente si tratta di una trasformazione tecnologica: dell’infrastruttura, delle applicazioni e di come sono gestiti i dati. Tuttavia si tratta solo di un pre‑requisito, necessario ma non di per sé sufficiente a realizzare una vera digitalizzazione senza una trasformazione anche culturale e organizzativa.
Nel proprio percorso di trasformazione digitale le aziende devono poi (ri)scoprire il software, dal momento che proprio questo è il modo in cui si realizzano le nuove esperienze digitali. Va quindi sviluppata l’arte dello sviluppo di nuove efficaci applicazioni, sulle basi di una piattaforma cloud moderna, aperta e altamente automatizzata.
Gestire i rischi
Con l’adozione della 3ª Piattaforma e le relative architetture, tecnologie e soluzioni, anche la gestione del rischio assurge ad una nuova dimensione e rilevanza; ovvero, da fattore storicamente inibitorio ad abilitatore di innovazione. Ciò ha, infatti, implicazioni sia rispetto alla natura, sia al potenziale dei nuovi rischi a cui ritrovarsi esposti, insieme al fatto che il numero crescente di applicazioni e dispositivi interconnessi che entrano in azienda finiscono per aumentarne i punti di accesso e di vulnerabilità sfruttabili da malintenzionati e criminali informatici.
La combinazione di questi fattori rende dunque la gestione del rischio e la security vere e proprie priorità strategiche per le aziende nell’Era Digitale; ovvero, attributi integranti della 3ª Piattaforma piuttosto che indipendenti e gestiti separatamente come efficacemente spiega per esempio McKinsey. Da questo punto di vista quindi la 3ª Piattaforma non solo coniuga tutte le funzionalità di Network Security –tra cui firewall di nuova generazione, filtraggio URL, IDS/IPS e protezione avanzata delle minacce–, ma queste funzioni sono intrinsecamente progettate come elementi nativi pensati per interoperare in maniera integrata tra loro e con gli altri servizi in modo da condividere, attingere e correlare importanti informazioni in maniera dinamica e trasparente al fine di ridurre i rischi e prevenire le minacce.
Ridurre i costi
Dal punto di vista IT, la maggior parte delle aziende –in particolare quelle di dimensioni più elevate– sono ancora molto frammentate: silos mainframe, Unix, isole Linux, Windows e HPC con le rispettive applicazioni, middleware, database, strumenti di gestione e orchestrazione, piattaforme di computing, storage e network. E l’operatività di ciascuno di questi silos è affidata a gruppi separati di specialisti ed è tipicamente dimensionata in modo statico sui livelli di picco. Chiaramente e inevitabilmente questo approccio risulta costoso e la transizione ad una nuova piattaforma tecnologica, la 3ª Piattaforma, promette significative efficienze e relative riduzioni dei costi, derivanti per esempio da una combinazione di questi fattori:
- standardizzazione di un unico tipo di hardware industry-standard, al posto dei diversi silos
- infrastrutture iper‑convergenti scalabili orizzontalmente (scale‑out)
- introduzione di tecnologie white box (per es., server e storage)
- maggiore agilità con infrastrutture software‑defined
- automazione negli strumenti di management
- abilitazione di processi in modalità self‑service
Naturalmente tutto ciò non si realizza in un istante, ma è piuttosto un percorso pluriennale, che promette di generare benefici non solo in termini di riduzione dei costi complessivi (TCO) ma anche –non meno importante– in termini di agilità e velocità del business.
Conclusioni e prospettive
La 3ª Piattaforma abilita le aziende a trarre valore di business da applicazioni social, Mobile Computing, Big Data, Internet of Things ed altre potenziali evoluzioni tecnologiche come per esempio il cognitive computing. Al contempo la 3ª Piattaforma rende gli utenti più avvezzi all’uso della tecnologia, e quindi anche più propensi ad utilizzarla in modo disintermediato rispetto all’IT aziendale. In definitiva si tratta quindi di un’evoluzione pilotata da acceleratori d’innovazione in un mondo in continua trasformazione. Vi piace l’idea? Ne vogliamo parlare?