Avete mai sentito il termine “Strategia Cloud First”? Chi segue questo approccio pensa che la soluzione a qualsiasi nuova esigenza applicativa o infrastrutturale in azienda (o anche nel mondo consumer) va prima di tutto cercata nel Cloud e nell’universo di soluzioni e proposte oggi concretamente disponibile in questo ambiente. Solo dopo che si ben è verificato che il Cloud non è in grado di dare una risposta completamente soddisfacente alle proprie esigenze e iniziative (talvolta anche per motivi strutturali), allora si cercheranno strategie alternative, verosimilmente più tradizionali, o magari anche innovative ma declinate in modo ibrido, in un mix di utilizzo di cloud pubblici e data center proprietari. Se vogliamo prendere il tema alla lettera, il concetto di strategia “Cloud First” è nato inizialmente in seno al governo federale degli Stati Uniti e da lì si è poi diffuso nel settore commerciale. “Cloud First” fu infatti un mandato concesso alle agenzie federali dal CIO degli Stati Uniti nel dicembre 2010, e che ebbe da subito un certo successo, visto che un rapporto presentato al Congresso degli USA nel 2012 indicava che oltre metà delle agenzie federali aveva adottato il cloud computing per almeno un’applicazione. Il mandato Cloud First non usciva dal nulla, bensì seguiva una precedente iniziativa IT del governo, la Federal Data Center Consolidation Initiative (FDCCI).
Come dice il nome stesso, la FDCCI aveva l’obiettivo di “consolidare”, ovvero di ridurre (ma al contempo potenziare) il numero di Data Center del Governo Federale, in modo da operare quindi su un numero inferiore di centri dati, ma che fossero di maggiore dimensione e portata. Si è infatti poi scoperto a consuntivo che la FDCCI ha portato alla chiusura (effettiva o pianificata) di 1.000 data center federali, e in molti casi la chiusura non è stato che il risultato diretto dell’attivazione di applicazioni cloud-delivered, ovvero il fatto che, invece di ospitare o sviluppare in casa certe applicazioni, si è deciso di usare applicazioni già disponibili in cloud oppure migrare le applicazioni già esistenti in azienda verso il cloud. Nonostante il successo dell’iniziativa governativa, come per tutte le cose dove la politica è coinvolta, “Cloud First” non manca di detrattori, i quali citano studi secondo cui le agenzie non sarebbero migrate verso al cloud con la necessaria rapidità. La lentezza, stando a quanto affermano i detrattori, sarebbe dovuta anche alla mancanza di esperienza tecnica relativamente alle implementazioni del cloud dimostrata alla prova dei fatti dai governi federali. Più che un problema legato alla strategia, questo sembra un elemento relativo alla sua effettiva implementazione, ovvero un problema di competenze e di affiancamento, a quanto pare.
Il successo del cloud nelle amministrazioni pubbliche
Ci sono però molti esempi di implementazioni produttive del cloud da parte del governo federale. Ad esempio:
• Bureau of Alcohol, Tobacco, Firearms and Explosives (ATF): le piattaforme cloud non devono necessariamente essere implementate dalle più grandi aziende e agenzie per essere produttive. L’ATF, con “solo” 4.700 dipendenti, ha potuto risparmiare 1 milione di dollari trasferendo la posta elettronica sul cloud.
• Dipartimento di Agricoltura degli Stati Uniti d’America: anche questo dipartimento, che conta più di 100.000 dipendenti, ha trasferito la posta elettronica su cloud pubblico e, contemporaneamente, ha utilizzato un cloud privato interno con soluzioni di altri fornitori. Nei primi tre anni, questa soluzione ibrida di cloud interno ed esterno ha permesso di risparmiare 75 milioni di dollari. Secondo le previsioni dell’organizzazione, i risparmi a fondo corsa raggiungeranno la rispettabile cifra di 200 milioni di dollari.
• Recovery Accountability and Transparency Board: il RATB è stato creato per monitorare la spesa da “stimolo finanziario” (l’importante piano di investimenti atti a favorire la crescita lanciato dall’amministrazione Obama). Dopo la migrazione delle proprie soluzioni su piattaforma IaaS (Infrastructure as a Service) basate su cloud pubblico, il RATB è stato in grado di dimostrare di aver risparmiato quasi $900.000 in due anni.
Il successo del cloud nel settore commerciale
Non stiamo parlando però solo di situazioni in ambito pubblico. In ambito commerciale, vogliamo citare l’esempio di Veyance Technologies, un’azienda manifatturiera con 6.000 dipendenti che, con mossa apparentemente audace, è passata integralmente al cloud. Date le dimensioni dell’azienda, il team IT doveva supportare circa 120 applicazioni basate su sistemi operativi diversi e server dislocati presso vari host. A sentire il CIO dell’azienda, Veyance voleva abbandonare l’architettura IT a silos separati e iniziare a operare come una vera entità globale. Sapendo che un’infrastruttura IT tradizionale avrebbe intralciato il progetto, l’azienda decise di intraprendere una propria campagna “Cloud First”. Fu così che iniziò lo spostamento delle applicazioni su un provider specializzato in applicazioni aziendali (come SAP ed altre applicazioni ERP tradizionali) ospitate in cloud, il quale offriva appunto una suite di servizi software basati sul cloud. In questo caso, sono state usate tutte le possibili forme di migrazione delle applicazioni: da virtuale a virtuale, da fisico a fisico, da fisico a virtuale e anche migrazioni eterogenee di dati usando anche talvolta la “forza bruta”, vale a dire trasferendo direttamente spendendo un supporto fisico.
Secondo quanto testimonia questa azienda, decine di fornitori e circa 100 dipendenti hanno portato a termine l’impresa in meno di sette mesi, rispettando il budget previsto e senza momenti di inattività non pianificati. La migrazione completa verso il cloud ha prodotto risultati a quanto pare impressionanti: una riduzione del 30% dei costi di hosting, attrezzature, licenze e manodopera a fronte di un sostanziale aumento delle capacità. E non è tutto: dopo l’eliminazione dei silos di informazioni, Veyance è riuscita a semplificare e coordinare le operazioni globali e a migliorare la produttività e la collaborazione.
Consigli per la migrazione al cloud: cosa potrebbe andare storto?
Premesso che chi scrive è un ottimista di natura, premesso ancora che, quando c’è un punto di svolta, è sempre bene approfittarne per provare qualcosa di nuovo e di più efficace, sembra proprio che i casi di utilizzo del cloud qui presentati (ma anche tanti altri) avvalorino la bontà di una strategia “Cloud First”. Cloud First non vuol dire ”cloud a tutti i costi”. Vuol semplicemente dire “non ignoriamo il cloud” e sfidiamo ogni giorno le nostre convinzioni e pregiudizi in tema di cloud, aggiornandoli continuativamente col migliorare della tecnologia e delle sue implementazioni.
Mettiamo però le mani avanti e, proviamo a capire cosa potrebbe andare storto. Se stai valutando l’ipotesi di intraprendere la strada del cloud, ecco alcuni utili suggerimenti:
• L’inventario delle risorse è fondamentale: “conosci il tuo ambiente”. Questo significa anche eseguire un’analisi attenta per definire le dipendenze o gli elementi sconosciuti.
• Scegli il fornitore con attenzione: assicurati che il tuo provider sia focalizzato sulle imprese e fornisca un sostegno completo e affidabile ai vari scenari del cloud computing di livello enterprise.
• Rivolgiti a chi ha esperienza in migrazione e collocazione: lavora con fornitori in grado di gestire le migrazioni complesse e spostare sul cloud anche i carichi di lavoro “inamovibili”.
• Standardizzazione: per quanto riguarda i server, lo storage e il networking, ricorri a tecnologie standardizzate altamente scalabili e ad alte prestazioni.
“Cloud First” è solo uno dei possibili approcci al cloud. Qualunque sia il percorso deciso per la tua azienda, il segreto del successo è sempre e solo uno: trovare i partner giusti.