Amici del canale, congratulazioni! Si dice che le banche non finanzino le nuove idee, ma voi che mi leggete siete delle persone perseveranti e siete riusciti ad andare oltre. Siete infatti stati capaci di procurarvi un appuntamento con un cosiddetto “squalo della finanza”, ovvero un “Venture Capitalist” (“VC”), anche se, non temete, sono semplicemente dei professionisti come voi: semplicemente operano in un campo dove ci sono più soldi, più incertezze e più rischi. Avete quindi lavorato duro, avete preparato il vostro business plan e ora immaginate di aver potuto esporre la vostra idea a un VC. Immaginate che questo colloquio sia appena terminato e che dal vostro punto di vista sia stato un successo. Siete raggianti e si vede, ma a questo punto il VC vi sorprende con una domanda: “Secondo voi com’è andato il nostro colloquio? E, se secondo voi è andato bene, perché?”. Vi potrà sembrare una domanda strana, ma è un modo interessante di portare la conversazione al di fuori della solita recita di una litania di slide e più verso la sostanza del discorso. In realtà, non avrete bisogno che questa domanda vi venga fatta. Già saprete se l’incontro è andato bene se avrete preventivamente assolto cinque compiti in grado di distinguervi agli occhi del VC dalla massa delle offerte sul mercato:
1) Siete consapevoli di indirizzare un’esigenza pressante che richiede un’immediata azione di acquisto. I potenziali clienti possono sempre rinviare l’acquisto di un prodotto dall’efficienza migliorata, ma non sono disponibili a procrastinare l’intervento su un problema spinoso che può comportare situazioni di sofferenza o quanto meno di difficoltà. Poiché il successo di una startup è legato alla velocità d’incremento delle vendite, sono auspicabili prodotti indirizzati verso rapidi cicli di vendita destinati ad acquirenti decisi e determinati. Indirizzare subito un mercato caldo è un modo sicuro per assicurarsi non solo vendite rapide, ma anche una serie di vantaggi collaterali (visibilità, finanziamenti, market share, motivazione, team …).
2) Avrete già discusso approfonditamente la vostra soluzione con decine di potenziali clienti al fine di capire se questo è quello che veramente cercano. Questo è un atteggiamento che piace per tre motivi. Prima di tutto, comunica disciplina e grinta, caratteristiche che ogni investitore apprezza in un imprenditore. In secondo luogo, indica attenzione al mercato, con risultati più precisi a sostegno della potenziale decisione d’investimento del VC. Infine, questi colloqui generano spesso delle intuizioni su come definire prezzo e posizionamento nei confronti di concorrenti diretti e indiretti. Questo aiuta quindi a ridurre la necessità di ulteriore ricerca d’informazioni chiave sul mercato da parte del VC, in quanto l’imprenditore ha già svolto tale compito. E questo è un bene per tutti.
3) Avrete già acquisito (partendo dal basso, ovvero da dati concreti) la ragionevole certezza che si stia proponendo al VC di entrare in un mercato davvero vasto. A tal punto che, se anche la vostra società andrà ad ottenere quote di mercato a cifra singola, si può comunque pensare di arrivare nel giro di cinque anni a un fatturato non trascurabile (magari 100 milioni di €). Inutile citare ricerche di esperti o stime verticistiche per calcolare le dimensioni del mercato. Non conosco un solo investitore che trovi convincenti analisi di questo tipo. Non aver ben stimato la dimensione del mercato trasmette il pensiero che l’analisi sia stata frettolosa e quindi la sensazione che sia meglio rimandare l’affare, poiché l’imprenditore non sta prestando sufficiente attenzione a un aspetto fondamentale nella costruzione di un business.
4) Disporre di un piano operativo di partenza credibile, che indichi conto economico, saldi di cassa, organico (organizzato per funzioni) nel corso del tempo. I VC preferiscono valutare i primi due anni sulla base dei singoli bilanci trimestrali e gli ultimi tre semplicemente nei loro totali annui. Un piano credibile ci permetterà di vedere la potenziale velocità di crescita dei fatturati, la redditività dell’azienda e, a grandi linee, il capitale che richiederà una volta raggiunto il successo.
5) Possedere il nucleo essenziale di una grande squadra e un buon istinto nell’individuare le mancanze organizzative da colmare nel corso del tempo. Può darsi che non tutti i membri del team si trovino già a bordo, ma è importante che siano stati in gran parte identificati e pronti a mettersi al lavoro non appena la startup riceverà i finanziamenti. Un imprenditore di spicco sa bene che i risultati tecnici o commerciali ottenuti da queste persone colpiscono più delle scuole frequentate.
Quando un imprenditore sa dimostrare al primo incontro di aver individuato un’esigenza imminente in un mercato vasto, di avere discusso con molti potenziali acquirenti e di aver scoperto informazioni preziose su cosa comprano e cosa vogliono; quando vi è un piano operativo credibile e una grande squadra che prende forma, allora il VC si entusiasma davvero. E nascono grandi cose.
PS: vuoi costruire il business plan giusto? Parliamone!
Interessante riflessione, sopratutto per fissare alcuni punti fermi nella preparazione di un business plan o meglio, per essere sicuri di considerare tutti gli aspetti interessanti per un venture capitalist.
Noto comunque che gli investitori richiedono quesi sempre l’exit strategy e, per evitare di essere impreparati, è bene ricercare esempi o evidenziare come e perchè dei BIG del mercato di riferimento potrebbero valutare un’acquisizione futura.
Personalmente non apprezzo questa visione di business con data di scandenza e lavoro per realizzare piani efficaci anche sul lungo periodo ma…
Grazie del commento.
Giustissima la critica sulla “visione di business con data di scadenza” e sull’importanza di “lavorare per realizzare piani efficaci anche sul lungo periodo”, però teniamo presente che la tempistica di exit del venture capitalist è spesso di alcuni anni (che quindi possiamo considerare un sostanziale “lungo periodo” in questi settori) e che comunque i venture capitalist sono un male talvolta necessario, ma sempre un male sono, ovvero, se possibile, è sempre meglio lavorare con soldi propri e autofinanziarsi con le vendite.
Su una cosa però i VC sono un bene: ci obbligano a chiarirci molto bene le idee e a confrontarci con persone molto esperte e a dare grande concretezza alle nostre azioni. E questo è davvero un bene.
Concordo in pieno anche se mi piacerebbe che il “lungo periodo” passasse dagli attuali 3-5 anni ad orizzonti che includano la generazione successiva!
Credo si sia persa l’idea del “business della vita” a favore del più mercenario “business del momento”. Pare inevitabile a causa della rapidità dei mercati e delle innovazioni ma… proprio da qui secondo me arriva la soluzione.
L’innovazione continua, se applicata come strumento per il proprio business e non come ponte per saltare ovunque, potrebbe essere una potente leva per allungare la vita delle aziende e mantenerle redditizie.
Anche i Venture Capitalist potrebbero contribuire applicando modelli di remunerazione (loro) più focalizzati sui risultati delle aziende che sul loro prezzo di mercato.
Ma questo forse potrebbe essere spunto per un altro post!
Buon lavoro, P.