I robot conquisteranno il mondo! Da sempre gli “apocalittici” fanno più notizia e rumore degli “integrati”, per dirla con Umberto Eco, ma il fatto che una certa preoccupazione stia serpeggiando tra chi vede l’intelligenza artificiale (Artificial Intelligence o AI) come una minaccia al proprio lavoro o al futuro dei propri figli è sotto gli occhi di tutti. Peccato che i robot e l’intelligenza artificiale, invece, siano oggettivamente una risorsa: basti pensare che, come ha rilevato recentemente il manager di Microsoft Carlo Purassanta in un’intervista Rai, due bambini su tre, che sono oggi alle elementari, tra vent’anni faranno lavori che al momento non esistono. E che, molto probabilmente, avranno a che fare con tecnologia, robotica e intelligenza artificiale.
L’AI sta entrando prepotentemente nelle nostre vite: basti pensare ai chatbot su Facebook, a Siri, alla prevenzione delle frodi o agli articoli finanziari o sportivi già scritti da algoritmi; e l’AI ora si affaccia anche al mondo del lavoro. Anzi, al mondo della ricerca del lavoro. Per parlare di “AI for recruiting” ho contattato uno dei maggiori esperti di “social recruiting”, Primo Bonacina (nella foto).
L’intelligenza artificiale per il recruiting rappresenta la nuova frontiera dei software progettati per migliorare o automatizzare alcune delle fasi tipiche nei processi di assunzione. Quali sono le tendenze in atto?
L’interesse nei confronti di AI for recruiting è nato da tre principali tendenze. Innanzitutto la crescita economica in atto in molti mercati: ciò ha dato vita a un mercato professionale in cui la competizione per i migliori talenti è più accesa che mai. Tale competizione è destinata a crescere: secondo un sondaggio di LinkedIn il 56% dei talent acquisition leader crede che il loro volume di assunzioni crescerà nel 2017.
E il secondo trend?
Il bisogno di miglioramento tecnologico in area recruiting. Per quanto sia prevista una crescita delle assunzioni, il 66% dei talent acquisition leader afferma che il numero dei propri collaboratori per il recruiting resterà invariato o addirittura diminuirà.
In parole povere?
I recruiter, pressati da tempi assai stretti e aspettative elevate, avranno bisogno di strumenti di maggior efficacia per semplificare o automatizzare parte del proprio processo, soprattutto per quelle attività che implicano maggiore investimento e ripetitività in termini di tempo.
E i big data?
Sì, il terzo trend riguarda proprio l’analisi dei dati. Se da un lato la tecnologia diventa sempre più veloce ed efficiente in termini economici nella raccolta e analisi di un ampio numero di dati, dall’altro i talent acquisition leader sono sempre più portati a richiedere ai propri recruiter una prova della qualità delle metriche di assunzione, e questo sulla base di dati concreti, come per esempio le performance dei recenti nuovi assunti.
Come sempre accade quando c’è un’innovazione di tale portata, c’è anche un po’ di confusione, soprattutto per quanto riguarda i nuovi strumenti disponibili. Puoi illustrare i più interessanti?
Per aiutarvi a trovare il bandolo della matassa, vi propongo tre delle applicazioni più promettenti di “AI for recruiting”. La prima si chiama AI for candidate sourcing è una tecnologia che cerca online informazioni relative al profilo professionale delle persone (per esempio curriculum, portfolio o profili social media) per intercettare quei candidati passivi che possano rispecchiare i criteri di selezione.
In sostanza, qui parliamo di controllo della reputazione dei candidati. Hai nulla per la fase di selezione?
Sì, per le fasi di reclutamento che implicano grossi volumi, come quelli atti a coprire ruoli nel retail o customer service, la maggior parte del personale non ha il tempo necessario per passare al vaglio le migliaia di CV ricevuti per le posizioni aperte e serve quindi un aiuto. “AI for screening” è uno strumento ideato per automatizzare il processo di selezione dei CV dei candidati. Questa tipologia di screening software intelligente aggiunge funzionalità all’ATS (Application Tracking System) impiegando informazioni di post-assunzione, che riguardano per esempio prestazioni e turnover, in modo da creare una serie di “raccomandazioni” per l’assunzione di nuovi candidati.
In questo modo si può automatizzare un’attività ripetitiva e non fondamentale, consentendo ai recruiter di focalizzarsi su attività prioritarie. Che cosa mi dici invece del matching per trovare le corrispondenze migliori?
Trovare le corrispondenze migliori può divenire un compito ancora più arduo dei precedenti. Per questo segnalo “AI for candidate matching”. Gli algoritmi analizzano diverse fonti di dati – come per esempio tratti della personalità dei candidati, capacità e indicazioni legate a stipendio e package – per eseguire una valutazione automatica dei candidati in conformità con i criteri impostati.
Questo funziona anche su LinkedIn?
Certo, nella sostanza succede già: un’offerta di lavoro in LinkedIn mette in relazione le competenze della job description con quelle dei candidati sulla base di quanto indicato sui loro profili LinkedIn. I talent marketplace utilizzano algoritmi per trovare tali relazioni all’interno della loro comunità di candidati per le posizioni aperte. Questi marketplace, in genere, soddisfano criteri specifici relativi alle competenze del candidato, come possono essere le capacità di sviluppo software o gli skill in area commerciale.
Insomma, il ruolo del recruiter sta cambiando: certamente molti automatismi possono essere delegati alle macchine, che fungono da suggeritori, ma la parte più difficile, e forse la più bella, quella del contatto e relazione e con i candidati, quella probabilmente non cambierà mai.