Meta (Facebook) è una delle tante aziende che hanno annunciato significativi tagli del personale nel 2023, ma a differenza di altre che, semplicemente, si sono trovate a dover reagire, riducendo costi e organici a fronte di un calo di fatturato o profitti, Meta ha annunciato che i licenziamenti non erano solo per ridurre il personale in eccesso, ma anche per rendere l’organizzazione più piatta. Mark Zuckerberg, CEO di Meta, in una nota interna ha indicato l’intenzione di comprimere il numero di livelli gerarchici. Il taglio colpirà quindi soprattutto i quadri intermedi e, come conseguenza, i manager vedranno aumentare le persone a loro riporto diretto fino a un massimo di 10. Tutto ciò solleva alcune ovvie domande:
- In che modo un’organizzazione più piatta influisce sull’operatività a breve/medio/lungo termine delle organizzazioni?
- In che modo un’organizzazione più piatta influisce sull’acquisizione di talenti e cosa possono fare i recruiter per aiutare queste organizzazioni ad assumere in modo più smart?
Insomma, Is flatter possible? E soprattutto: Is flatter smarter?
Un numero sfuggente
Quando si tratta di determinare quanti collaboratori diretti un manager dovrebbe idealmente avere, non ci sarà mai una risposta univoca per tutti i settori di mercato, funzioni e tipi di leader. Storicamente, i ricercatori hanno sostenuto che da cinque a sette riporti diretti è un numero mediamente ottimale, ma, ovviamente, questo cambia in relazione al team e alla varietà dei ruoli:
- Ad esempio un call center con un supervisore e molte (anche 15-20) persone a suo riporto che fanno lo stesso lavoro può essere una situazione accettabile poiché i collaboratori devono svolgere un compito operativo ben codificato, ripetitivo e per cui sono stati istruiti. Il livello di supervisione necessario è quindi relativamente contenuto
- Allo parte opposta dello spettro, Harvard Business Review sosteneva che anche i CEO dovrebbero aumentare il numero di diretti riporti (tutte ovviamente figure di livello senior) per poter avere contatti con più problematiche, acquisendo maggiore conoscenza operativa dell’azienda e in miglior dettaglio
Assisteremo quindi a un aumento generale del numero di diretti riporti? Non è detto. Ad esempio, alcuni ricercatori evidenziano che il numero ottimale di rapporti diretti dipende più dallo stile del manager che da un valore di settore. McKinsey, ad esempio, sostiene che per manager molto operativi (una sorta di giocatore/allenatore, dove il manager non resta in panchina bensì scende in campo con la squadra occupandosi di un preciso compito) il numero ottimale di diretti riporti è da tre a cinque. È normale: se si è impegnati il 50% del tempo a svolgere un compito operativo, resta solo l’altra metà per fare il manager. Al contrario, i manager che fungono da puri facilitatori (i cosiddetti hands-off) possono gestire accettabilmente molti più collaboratori diretti.
Non è poi solo la modalità di gestione, ma anche il tipo di lavoro che conta. Il numero ideale di riporti dipende dal tipo di organizzazione, dalla complessità dei compiti e dal livello di autonomia individuale attribuito ai dipendenti. Al giorno d’oggi il digitale può aiutare (il che supporta almeno in parte la decisione di Meta): se le persone comunicano digitalmente e tutte le informazioni sono sempre presenti in opportuni repository, il tempo speso dal manager per cercare le informazioni si riduce. Se questo supervisore dispone di cruscotti aggiornati, può prendere decisioni più rapidamente e su un numero maggiore di problematiche.
Il rapporto ideale tra manager e dipendente dipende anche da cosa ci si aspetta da quel manager. Per alcuni ruoli, gestire più di quattro o cinque riporti diretti si rivelerà impegnativo perché i manager hanno responsabilità proprie da portare a termine. Man mano che aumenta il numero di rapporti diretti, i manager si troveranno a concentrarsi su sviluppo, guida e supporto del team, tuttavia è difficile gestire con successo più di dieci persone senza che ci siano livelli di delega ulteriore. Magari non sarà necessario introdurre formalmente figure di coordinamento intermedio, però, è abbastanza normale che, a fronte di team estesi, i senior vengano responsabilizzati sul far crescere (e, di fatto, guidare) i junior, introducendo quindi livelli di delega informali che, a volte, possono portare a confusione di ruolo, responsabilità e aspettative.
Infine, è bene ricordare che un’organizzazione più piatta, responsabilizza maggiormente il collaboratore dandogli maggiori livelli di delega implicita, se non esplicita. Se il capo è assai impegnato, sarà normale per un collaboratore valido cercare di cavarsela autonomamente un numero maggiore di volte. E lo stesso capo sarà tendenzialmente propenso a concedere maggiore libertà di azione.
Come cambia il recruiting: the Peter Principle
Se Meta, o qualsiasi altra organizzazione, desidera un’organizzazione più piatta con manager che gestiscono gruppi più ampi di persone, identificare i manager giusti diventa ancora più critico. Gli specialisti di recruiting devono quindi aiutare ad assumere manager in grado di gestire veramente, non solo persone che abbiano scalato i ranghi. Questo sostiene il Principio di Peter, un concetto che risale al libro del 1968 del Dr. Laurence J. Peter intitolato appunto The Peter Principle, dove si postulava che le persone vengono promosse in base a come svolgono il loro attuale lavoro, ma ciò non significa che abbiano adeguate competenze per il loro nuovo ruolo. Ad esempio, un dipendente molto bravo a seguire regole e politiche aziendali può essere promosso nella posizione di creare regole o politiche, nonostante il fatto che essere un buon seguace di regole non significhi esserne un buon creatore.
Poiché gestire dieci persone è sostanzialmente diverso dallo svolgere un lavoro operativo o gestire pochi collaboratori, i recruiter dovranno saper individuare persone con capacità di gestire e non solo di fare. Sarà quindi importante valutare il potenziale del candidato affinché possa guidare con successo un team esteso. I buoni manager non si limitano a prendere decisioni. Devono ispirare e responsabilizzare i collaboratori e portarli verso obiettivi comuni. I manager efficaci saranno quindi comunicatori articolati, deleganti esperti e time manager efficienti. Queste cose devono essere ben spiegate negli annunci di lavoro e fatte emergere nella fase di selezione. Invece di chiedere al candidato domande banali (chiuse) come “Lei è a suo agio nel guidare un team?” si può chiedere: “Mi racconti di un progetto di successo che ha guidato e di come ha motivato il team a raggiungere gli obiettivi”. La risposta dovrebbe rivelare indizi basati su eventi reali e che aiuteranno a valutare il potenziale del candidato ad essere un manager efficace.
E quindi Is flatter smarter? Secondo me mediamente sì, ma accompagnato dai giusti livelli di delega, buona infrastruttura digitale, corretti presupposti organizzativi e soprattutto capacità del team HR di assumere e far progredire le persone giuste per il futuro modo di gestire i team. Ne vogliamo parlare?
[per leggere l’articolo sulla rivista clicca QUI]