Siamo pronti per un mondo senza middle manager?
Lo specialista era in ufficio sapendo che il cliente era in arrivo per una riunione di progetto. Ma non c’era nessuno che avrebbe gestito quella riunione per lui. Il suo capo era stato licenziato un mese prima. E il capo del suo capo l’anno prima. Il progettista ora riportava al Business Unit Director che, avendo una vasta area di responsabilità e tante persone a riporto, non poteva certo conoscere i dettagli di ogni singolo progetto.
Un fenomeno in crescita
La storia appena raccontata non è finzione. È realtà. Nel mondo del lavoro moderno sta emergendo una situazione che non prevede manager intermedi o, comunque, molti meno che in passato. Nel 2023, negli Stati Uniti, a dimostrazione di questo trend, i middle manager hanno rappresentato il 32% di tutti i licenziamenti (e il 22% nel 2018-2022), secondo il Live Data Technologies Job Tracker. E quando i middle manager se ne vanno spontaneamente, spesso non vengono sostituiti, il che crea un vuoto, se non di leadership, quanto meno di coordinamento. Certo è che, se si taglia e si taglia ma non si cambiano mentalità e processi, si rischiano difficoltà di gestione in prossimità del cliente/prodotto/processo, e, potenzialmente, una spirale al ribasso che può risultare mortale.
La riduzione dei livelli intermedi è particolarmente comune nei servizi. In teoria, l’accorciamento della catena di comando potrebbe rafforzare i flussi di lavoro: l’autonomia e il processo decisionale si estendono verso il basso, la reattività verso i clienti migliora, e ciò vale anche per delega e responsabilità. Ma questo non accade necessariamente e naturalmente. A volte l’autorità si concentra ai livelli più alti, lasciando i subalterni in attesa di segnali.
Certo, le voci sul middle management in pericolo circolano da decenni. Ma gli esperti dicono che è oggi che i livelli intermedi sono sottoposti a pressioni senza precedenti. La metà di loro si dichiara esaurita (burn-out) e il 30% di loro è troppo stressato per poter supportare efficacemente il proprio team, questo secondo la LinkedIn Workforce Confidence Survey.
L’esodo dei middle manager è determinato da una serie di considerazioni molto pratiche, a cominciare dai numeri di bilancio. Il fatturato è spesso in stallo e il costo del lavoro aumenta, il che obbliga ad aggiustamenti per mantenere i margini. Alcune aziende hanno un nuovo mantra: il Delayering (riduzione dei livelli gerarchici), una tecnica che consiste proprio nello sfoltire il middle management con l’idea di ridurre i costi e migliorare flessibilità e reattività. D’altra parte, durante la pandemia, abbiamo tutti dimostrato agilità e adattabilità, e molte aziende sono desiderose di mantenere quello spirito.
Inoltre, i massicci cambiamenti tecnologici e di competenze digitali della forza lavoro hanno ridotto la necessità di una costante presenza manageriale. Però, secondo gli esperti, i cambiamenti negli organigrammi dovrebbero essere attuati parallelamente ai miglioramenti dei processi. Grazie a nuovi strumenti, le strutture organizzative evolvono, come è giusto che sia, ma si consiglia di procedere con cautela. Quando ci si sbarazza di livelli intermedi, il margine di errore diventa minimo. È banale buon senso: piuttosto che effettuare tagli profondi, meglio progetti pilota di nuove strutture organizzative. In alcune aziende, nascono quindi team multidisciplinari agili e incentrati sul cliente. È l’opposto della burocrazia: l’idea è di addestrare i team a essere adattabili e integrabili.
Tutto questo richiede ovviamente formazione e soft skill. Gli esperti consigliano ai formatori di essere inclusivi e consapevoli delle competenze di leadership di ciascun tirocinante. Ciò significa permettere alla leadership di passare da una persona all’altra a seconda dello scenario. In un mondo ideale, i team impareranno ad autoregolarsi, in un flusso di responsabilità dinamico.
E quindi, che fare?
Siamo in un momento di grande evoluzione e vi voglio lasciare con alcuni spunti concreti:
- Tagliare il middle management costa, non solo a causa degli incentivi all’esodo, ma anche per la perdita di competenze e la confusione che si genera in azienda e fuori. Se il middle management fosse già stato minimale, non avremmo avuto il problema. Mettete quindi middle manager dove servono, non dove se ne può fare a meno
- Alcuni middle manager possono mantenere ruoli operativi. Ad esempio un Sales Team Leader può spendere il 50% del proprio tempo seguendo un proprio pacchetto clienti e il rimanente 50% coordinando altri Junior Sales Account. Così facendo, giustifica meglio il proprio costo e mantiene contatto con incarichi operativi
- La tecnologia aiuta. Molto del compito dei middle manager è coordinamento, controllo e reporting. Se penso a come era organizzato il lavoro 20 anni fa, adesso il 50% dell’operatività di questi manager può essere svolto da software o processi. Penso a strumenti di Business Intelligence che producano cruscotti indirizzati al top management, a strumenti di project management che supportino il coordinamento di processi, all’AI che esegua compiti ripetitivi, alla chiara definizione di SLA (Service Level Agreement) affinché , all’interno e all’esterno dell’azienda, si sappia chi fa che cosa, in quali tempi e con quali performance attese
- I middle manager possono gestire team più ampi del passato, quindi ne servono meno a parità di personale. Anche grazie alla tecnologia, è oggi normale che un manager coordini con facilità una decina di persone o più. Non sempre serve tagliare. A fronte di dimissioni volontarie o promozioni, si possono valutare ristrutturazioni e accorpamenti
- Cambiate le priorità di spesa. I middle manager costano. Se non li avete (più), 1/3 del loro costo diventa profitto, 1/3 investitelo in AI, software e processi, 1/3 usatelo per premiare e fidelizzare i dipendenti più competenti ed efficaci, quelli capaci di dare valore al mercato anche in assenza di stretto coordinamento. In poche parole, quelli che si gestiscono da soli!
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